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Cassazione: non basta l’insidia per il risarcimento del danno.
Per la Suprema Corte deve tenersi conto anche della prevedibilità dell’insidia. La conoscenza dei luoghi da parte del danneggiato pesa sul bilanciamento tra prevenzione e cautela
Per la Suprema Corte deve tenersi conto anche della prevedibilità dell’insidia. La conoscenza dei luoghi da parte del danneggiato pesa sul bilanciamento tra prevenzione e cautela di Lucia Izzo.
La presenza di un’insidia non è sufficiente a far ottenere al danneggiato il diritto al risarcimento del danno, essendo necessario tenere conto anche dell’elemento soggettivo della sua prevedibilità. Inoltre, pesa sul bilanciamento tra prevenzione e cautela la conoscenza dei luoghi da parte del danneggiato che avrà un onere di maggior prudenza e diligenza.
Il caso fortuito interrompe il nesso causale
Risarcimento danni: non basta l’insidia se il danneggiato conosce lo stato dei luoghi.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell’ordinanza n. 8777/2019 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso di un uomo, infortunatosi dopo essere caduto su un cordolo di gomma, rivestito da un telo posticcio non fissato saldamente a terra, posto ai lati del campo da tennis. Niente da fare per la sua richiesta di risarcimento danni nei confronti dell’associazione sportiva.
La sua domanda, infatti, viene respinta dai giudici di merito, ma anche dalla Cassazione, secondo cui la valutazione di esclusione del nesso causale, tra la presenza del cordolo e i danni riportati dal ricorrente, operata dalla corte territoriale, risulta coerente con la giurisprudenza di legittimata.
Il caso fortuito interrompe il nesso causale.
L’indirizzo prevalente ritiene, infatti, che il caso fortuito, che può essere costituito anche dal fatto del danneggiato, è idoneo a interrompere il nesso di derivazione causale e a porsi quale causa esclusiva del verificarsi dell’evento dannoso anche quando non sia né eccezionale né imprevedibile, tenendo conto del ragionevole obbligo di cautela e attenzione esigibile dalla vittima in applicazione del dovere di solidarietà imposto dall’art. 2 Cost (ex plurimis cfr. Cass. n. 9640/2018)
L’istruttoria, fondata su rilievi fotografici e prove testimoniali, ha evidenziato che il telo che ricopriva il cordolo era ben visibile, che anche il mancato fissaggio non era occultato in modo tale da rendere impercepibile il fatto che fosse solo appoggiato a copertura e, inoltre, che la vittima era un frequentatore abituale del circolo e quindi al corrente dello stato dei luoghi.
Tutto ciò imponeva allo sportivo un comportamento improntato a particolare prudenza e attenzione che, invece, questi non aveva adottato, venendosi a trovare nella condizione di non poter percepire la situazione di pericolo e di omettere di adoperarsi al fine di evitarla. Il danneggiato, infatti, non si era avvicinato al cordolo con attenzione e vi aveva poggiato il piede sopra anziché scavalcarlo nonostante esso avesse una forma cilindrica che lo rendeva instabile.
Inoltre, il Collegio ritiene particolarmente rilevante il fatto che il danneggiato conoscesse lo stato dei luoghi trattandosi di un elemento da valutare nell’effettuare il necessario bilanciamento tra prevenzione e cautela sotteso alla responsabilità per custodia.
In sostanza, si legge nel provvedimento, la presenza di un’insidia non basta a vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, dovendosi tenere conto anche dell’elemento soggettivo della sua prevedibilità.
Nel caso in cui l’insidia si trovi in un luogo ben conosciuto dal danneggiato, sarà dunque suo onere tenere un comportamento maggiormente prudente e diligente. In caso contrario, la sua imprudenza sarà idonea a integrare il caso fortuito. Ne consegue il rigetto del ricorso.
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